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Il "New York Times" studia i motivi del calo demografico in Europa e sceglie Ferrara come città-simbolo. |
NEW YORK
- In un Paese dove da trent'anni esiste persino un'associazione che fa ricerca e conduce campagne nazionali sull'infertilità, scoprire che il Vecchio Continente è attanagliato dalla paura di fare figli è quasi un caso. Al punto da scomodare il prestigioso New York Times, che dedica un ampio servizio, ambientato in Italia, sulla caduta verticale dei dati relativi alle nascite. La sorpresa degi americani consiste, fra l'altro, nello scoprire che la media di figli per nucleo familiare in Italia è di 1,2, con tendenza al calo, mentre negli Usa tale dato è ben assestato sui due figli per ogni coppia.Il discorso è complesso e interessa tutta l'Europa, continente nel quale nessun Paese supera quota 2,1 figli, con punte minime di 1,1 in Spagna, fanalino di coda. Proprio la Spagna è al centro d'uno studio scientifico dell'Onu che dimostra come, di questo passo, gli iberici vedranno ridotta la popolazione a 31,3 milioni di abitanti entro il 2050, contro gli attuali 39,9. Secondo il quotidiano newyorchese, in Italia molte famiglie di ceto medio non fanno più di un figlio per mancanza di soldi.
La crisi economica sarebbe dunque un fattore decisivo anche in altri Paesi come Svezia, Germania e Grecia (oltre la già citata Spagna), dove solo nell'ultimo anno la media generale della fertilità delle donne, è scesa di 1,4 neonati per nucleo familiare, secondo dati forniti dall'organizzazione mondiale per la salute (World Health Organization). Per molti Paesi questo genere di tendenza è anche un dispositivo che bilancia il sistema pensionistico. Il ministro del Welfare Roberto Maroni, e le sue proposte per incentivare il lavoro dipendente ben oltre i 57 anni di età (il minimo pensionabile), sono l'esempio cui il quotidiano fa riferimento.
La buona qualità della vita e l'immigrazione sono altri due fattori da tener presenti guardando all'Europa. Prendendo Ferrara come esempio, una città dove le nascite sono ferme a 0,9 di media, risulta evidente come l'Italia sia destinata a diventare un Paese di vecchi: il 42% degli abitanti, nel 2050, potrebbe essere composto da ultrasessantenni. Un dato già robusto adesso: il 25% della popolazione, contro il 16% degli Usa, dove la qualità della vita e la pesante immigrazione giocano un ruolo importante.
Il professor Antonio Golini, demografo della Sapienza di Roma, vede tale scenario futuro come "insostenibile da un punto di vista culturale e psicologico". Ed è così che viene ricordato l'appello lanciato dal Papa, preoccupato dalla crisi profonda delle nascite, un problema che rischia di minare il futuro della società.
Le cose non migliorano certo guardando a Est, in Paesi come la Bulgaria, la Lettonia e l'Ucraina, dove la crisi delle nascite è sensibile almeno quanto lo è in Spagna. Solo pochi governi stanno cercando di combattere il fenomeno, ideando sgravi fiscali e aiuti per giovani genitori, oltre alla creazione di strutture che permettano di tenere i bimbi a scuola per un tempo più lungo rispetto a quello tradizionale. L'Italia, che garantisce quasi tutto il salario per sei mesi dopo il parto e dove alcune città provvedono a estendere questo benefit fino allo scadere dei 12 mesi (Ferrara appunto), è considerata assieme a Spagna e Francia sulla buona strada, anche se ancora le statistiche non migliorano.
Ma ciò va combinato con altri elementi: l'età media degli studenti che si è elevata notevolmente, la diffusione dell'uso dei contraccettivi e il numero crescente di divorzi. I francesi, grazie a una forma mista di assistenzialismo e agevolazioni, hanno visto il loro dato di fertilità crescere nuovamente, ma non di molto, (primo Paese in Europa) dopo anni di declino. Ancora una considerazione: in Italia, ma anche in gran parte dell'Europa, sono aumentate le possibilità di viaggiare, un elemento che contrasta con il concetto di famiglia tradizionale: molte coppie preferiscono rimandare il momento per i figli, spendendo i loro soldi per vacanze costose, mentre è alto il numero di uomini che non lascia la famiglia prima dei 30 anni. E qui lo scontro diventa culturale: perchè l'età media alla quale un americano viene messo alla porta dai propri genitori "per costruirsi il proprio destino" è di appena 22.
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